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E' evasione contributiva il mancato invio degli UniEmens

Con l’instaurazione di un rapporto di lavoro il datore è tenuto a ottemperare a diversi obblighi di comunicazione nei confronti degli Enti competenti.

In primis, il datore, anche per il tramite di intermediari, deve comunicare l’instaurazione del rapporto di lavoro mediante il modello UniLAV, entro le ore 24 del giorno antecedente.


Durante il corso del rapporto di lavoro, il datore è tenuto a trasmettere all’INPS anche i flussi UniEmens, contenenti sia i dati retributivi, sia le informazioni necessarie per il calcolo dei contributi.

Tale adempimento deve essere effettuato dal datore di lavoro, anche per il tramite di intermediari, entro la fine del mese successivo a quello di competenza (resta ferma la possibilità di differire il termine al primo giorno feriale successivo nel caso in cui la scadenza ricada in un giorno festivo).


Secondo un consolidato orientamento nella giurisprudenza, la mancata presentazione del flusso UniEmens configura un’ipotesi di evasione contributiva – seppur il lavoratore risulti essere stato correttamente denunciato mediante il modello UniLAV e iscritto altresì nel libro unico del lavoro – e non la meno grave fattispecie dell’omissione contributiva, fatta eccezione per il caso in cui il datore di lavoro riesca a dimostrare l’assenza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede.


Il regime sanzionatorio applicabile alle ipotesi di versamento di contributi o premi dovuti alle Gestioni previdenziali e assistenziali omesso, effettuato in ritardo, o in misura inferiore a quella dovuta, è regolato dall’art. 116 commi 8 e 9 della L. 388/2000. Tale norma dispone infatti che i soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, sono tenuti:

1) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti (la sanzione civile non può essere superiore al 40% dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge; lett. a);

2) in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere o le retribuzioni erogate, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al 3% (la sanzione civile non può essere superiore al 60% dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge; lett. b).


Secondo la Corte di Cassazione l’omessa o infedele denuncia mensile che deve essere trasmessa all’INPS, anche se i rapporti o le retribuzioni siano stati registrati nei libri di cui è obbligatoria la tenuta, concretizza l’ipotesi di “evasione contributiva” e non la meno grave fattispecie di “omissione contributiva” di cui alla lett. a).

L’omessa o infedele denuncia configura occultamento dei rapporti e/o delle retribuzioni, facendo presumere l’esistenza della volontà del datore di lavoro di voler nascondere il rapporto di lavoro e/o retribuzioni allo scopo di non versare i contributi o i premi dovuti per legge.


L’INPS ha ribadito poi come il termine occultamento:

- indichi l’assoluta mancanza “di qualsivoglia elemento documentale che renda possibile l’eventuale accertamento della posizione lavorativa o delle retribuzioni”; - ricorra anche nell’ipotesi di denuncia obbligatoria all’INPS che risulti non presentata, incompleta o non conforme al vero.


L’utilizzo della disgiuntiva “o” fra registrazioni e denunce obbligatorie fa infatti emergere la volontà del legislatore di volere connettere all’una o all’altra tipologia di adempimento la configurazione dell’evasione. Da ciò discende che anche l’omissione, l’infedeltà e la tardiva presentazione dei flussi UniEmens configurano un’ipotesi di evasione.


Il datore di lavoro dovrà provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, al fine di far rientrare il mancato invio nella più tenue fattispecie dell’omissione contributiva. Tale dimostrazione non potrà avvenire solo in ragione del fatto che i dati omessi o infedelmente riportati nelle denunce siano stati correttamente annotati sui libri di cui è obbligatoria la tenuta, ma è necessario che il datore presenti un’adeguata documentazione o dimostri circostanze che dimostrino l’assenza del fine fraudolento (ad esempio, in caso di inadempimento dovuto a negligenza o a circostanze contingenti).

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