Nelle piccole realtà imprenditoriali è frequente che il soggetto titolare dell’azienda si avvalga della collaborazione dei propri familiari per espletare compiti o attività a titolo di mero “aiuto” nella conduzione dell’azienda, senza che da ciò discendano obblighi contributivi nei confronti dell’INPS.
In particolare, nelle attività agricole è previsto che non integrano un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al sesto grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori.
Nella maggior parte dei casi, infatti, la collaborazione prestata all’interno di un contesto familiare viene resa in virtù di un’obbligazione di natura “morale”, basata sul legame solidaristico e affettivo proprio del contesto familiare, che si articola nel vincolo coniugale, di parentela e di affinità e che non prevede la corresponsione di alcun compenso.
In tale situazione, la principale criticità riguarda l’individuazione di parametri oggettivi che permettono di far rilevare il carattere dell’occasionalità nelle prestazioni rese dai collaboratori familiari.
In merito è intervenuto il Ministero del Lavoro che ha voluto ricondurre nell’ambito delle collaborazioni occasionali escluse dall’obbligo di iscrizione presso l’INPS le prestazioni rese da familiari: - pensionati; - lavoratori dipendenti full-time.
Nel primo caso, secondo il Ministero, lo status di pensionato non permetterebbe (per diverse ragioni) di garantire al familiare che sia titolare o socio dell’impresa un impegno con carattere di continuità. Il personale ispettivo sarà quindi tenuto a considerare le prestazioni rese dai pensionati, parenti o affini dell’imprenditore, quali collaborazioni occasionali di tipo gratuito, tali da non richiedere né l’iscrizione all’INPS né da ricondurre alla fattispecie della subordinazione.
Nella seconda situazione, la condizione di lavoratore full time presso altro datore di lavoro non permetterebbe a quest’ultimo di poter espletare altre attività o compiti con carattere di prevalenza e continuità presso l’azienda del familiare, tenuto conto del residuale e limitato tempo a disposizione.
In sostanza, per entrambe le situazioni, la collaborazione del familiare deve essere considerata “presuntivamente” di natura occasionale e il personale ispettivo, qualora riscontrasse indici sintomatici di una “prestazione lavorativa” in senso stretto, dovrà dimostrarne la sussistenza mediante documentazione idonea, oggettiva e incontrovertibile.
A parte le due fattispecie appena descritte, il Ministero del Lavoro ha individuato un parametro quantitativo di tipo convenzionale che deve essere utilizzato per l’accertamento delle collaborazioni familiari non abituali; il parametro fissa in 90 giorni nel corso dell’anno il limite temporale massimo della collaborazione occasionale e gratuita prestata nel caso in cui il familiare sia impossibilitato al lavoro.
Tale parametro, seppur individuato in maniera specifica per il settore artigianato, può essere applicato anche al commercio e al settore agricolo. Secondo il Ministero, nei diversi settori appare opportuno legare la nozione di occasionalità al limite quantitativo dei 90 giorni, frazionabili in ore, ossia 720 ore nel corso dell’anno solare. In altre parole il limite di 90 giorni si considera rispettato anche nel caso in cui il numero di giornate sia superiore a 90 ma a condizione che l’attività si svolga per qualche ora al giorno (nel rispetto del limite di 720 ore annue).
Il mancato rispetto del parametro quantitativo dovrà essere dimostrato dal personale ispettivo mediante la rigorosa acquisizione di elementi di natura documentale o testimoniale. L’assenza di tali elementi comporterà che il mancato rispetto del parametro non potrà ritenersi provato.
Invece, in relazione agli obblighi assicurativi, valgono le indicazioni fornite dall’INAIL che, a prescindere dal settore in cui operi il collaboratore, hanno inteso evidenziare la sussistenza di tali obblighi ogniqualvolta la prestazione sia “ricorrente” e non meramente “accidentale”. Sul punto, è possibile considerare “accidentale” una prestazione resa una/due volte nell’arco dello stesso mese a condizione che nell’anno le prestazioni complessivamente effettuate non siano superiori a 10 giornate lavorative.
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